Questo progetto è un formato modulare, con cast e durate variabili, dedicato alla città e alla visione prospettica del paesaggio urbano. Il pubblico fruisce la performance in cuffia, affacciato ad un punto panoramico della città da individuare di volta in volta. Il punto di vista è ampio e può interessare spazi molto vicini e molto lontani, collegati tra loro dalla traccia sonora (registrata in olofonia con una forte impronta cinematografica) e dalla dislocazione dei performer.
Nell’episodio di Bologna che ha inaugurato questo formato, il percorso della performance spaziava dalla Sala Farnese del Palazzo Comunale alla Piazza Maggiore, fino alla cima della Torre degli Asinelli.
La veduta urbana viene trasformata dall’ascolto in un luogo che galleggia tra il presente e il possibile; lo spettatore si immerge in un paesaggio che non è più’ semplicemente ciò che gli si para davanti, ma – così come in una allegoria sacra – un concentrato di coincidenze e configurazioni che sembrano rimandare ad altro. Il reale è ora offuscato ora nitidamente messo a fuoco dal suono, che presiede al potere immaginifico della visione e rende possibile la moltiplicazione dei dettagli in un luogo dalle coordinate immaginarie .
Strani complotti e misteriose attività ridisegnano il qui e ora per rileggere l’urbanità attraverso posture e segni di un altrove, indagato da danze asciutte che possono essere molto vicine o lontanissime, all’orizzonte. Dentro e fuori.
La danza è dunque letteralmente un punto di vista sul mondo che inscrive e afferma la figura nello spazio della comunità suggerendo allo stesso tempo una via di fuga.
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“un imprescindibile teorema sul paesaggio. Chiunque voglia mettere in discussione il sequestro ideologico della composizione prospettica e abbracciare, finalmente, l'apertura di conoscenza di una visione sferica, non potrà che amare questo gioiello incastonato nel cuore della città di Bologna. La fumata bianca che, in un finale alla James Bond orfano di Hollywood, si leva dalla sommità della Torre degli Asinelli rende ancora più sghemba la percezione, mortificando qualsiasi desiderio di Brunelleschi o di città ideale. Super!”
(Fabio Acca)