30 ottobre 2011 Opificio, Roma
DNA Danza nazionale d'autore – Romaeuropa festival
Si cerca un luogo reticolare e affastellato, uno spazio di eccedenze.
Tutti i gesti di partenza devono confondersi nell'indistinto e molto spesso necessitano di essere ripetuti per trovare la giusta tensione e diventare un tragitto netto all'esterno di ciò che è vicino.
Perchè si parte sempre dal vicino, mai in solitudine. Il "faccia a faccia" ha un senso, come svelamento dell'essere sempre rivolti verso qualcosa per considerarne la distanza da sé. E' la corografia, cioè l'attenzione minuziosa a ciò che è vicino a costituire lo stato dell'attacco di ogni attività e gesto tecnico verso il lontano.
L'obiettivo di questo assembramento di personalità e progetti è quello di sostenere la sospensione dell'incontro. Di fatto non c'è alcun bisogno di ascoltarsi e comunicarsi.La trasformazione sarà incessante.
Ogni attività mantiene chiaro il diritto di accesso, la possibilità di offrire uno spazio accanto al proprio dove altri possono muoversi liberamente. Come è noto, agio deriva da ad-jacens/adiacente. Dunque ogni attività si configura come percorso - destinato all'incrocio e all'incontro – e non produce territorio.
Bisogna riuscire sempre a creare però dei vuoti, di volta in volta in parti diverse dello spazio (riprendendo un'idea sacra: la dissipazione di energia è rivolta a una controparte invisibile).
L'assembramento non è mai uniforme, nonostante ciò siamo rivolti verso i Tropici: cerchiamo cioè di favorire un intrico.
Non è solo una questione di concetto; vi invito a saccheggiare liberamente l'esotismo.
Una strategia di ritmo e sviluppo deve essere il continuo, la necessità di rinunciare ad ogni interruzione, il terrore della lacuna. Dal mio punto di vista ciò vuol dire soprattutto saper delegare al vicino e al lontano ciò che in un determinato momento decido di sospendere. Travasare la propria attività nell'incomprensibile attività dell'altro. Dare spazio al malinteso.
E garantirsi solo così la possibilità della permanenza, nella completa apertura al rumore altrui..
Al primo incontro con gli ostili e armati indigeni della Nuova Guinea, l'antropologo Miklucho Maklaj decise immediatamente di stendersi per terra e dormire. In questo modo rimase illeso e venne accettato.
L'Opificio è uno spazio che si sviluppa in lunghezza. Ho scelto di occupare solo il corridoio centrale, delimitato dal pavimento in cemento liscio chiaro. Il pubblico sarà assembrato ai due lati, seduto negli spazi col pavimento di vetro.
Non vorrei utilizzare nessuna luce teatrale, ma solo quella pre-esistente senza oscurare le vetrate. Continuo a pensare ad una tenda leggerissima e trasparente, larga circa 3 mt, da appendere a metà dello spazio, sempre in senso longitudinale. E a piccoli mucchi di gesso.
Ci sarà presumibilmente un'altra persona ad abitare marginalmente il posto.
Orang in Indonesiano indica la persona. Orang australia è un Australiano, Orang afrika un Africano e così via. Orang orang è il plurale e sta per un generico uomini.
LE ISTRUZIONI
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() - due teorie del linguaggio
Orang Orang
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